The flame
Inviato: mer apr 23, 2014 4:11 pm
sempre seduta stante non direi 


insomma, se pigliava male erano volatili per diabetici ai tempi altro che seduta stante!Il suppliziato veniva completamente denudato e costretto a sdraiarsi con il ventre a terra. Dai due aiutanti del boia gli venivano legate le mani dietro la schiena e assicurata una corda a ciascuna caviglia, in maniera tale che, tirando le funi, le gambe si divaricassero, agevolando in tal modo il carnefice ad individuare l'orifizio anale o vaginale per l'introduzione ed il passaggio del palo nel corpo del suppliziato. Il lungo palo di legno era largo alla base e molto sottile in cima, dove era rivestito da una punta metallica smussata; veniva appoggiato su due tozzi cilindri di legno, che servivano da rulli per farlo scorrere nel punto di inserimento.
Dopo aver introdotto la punta del palo, questo veniva spinto subito all'interno del corpo del suppliziato, penetrando rapidamente di alcuni centimetri. Un dolore breve, ma acutissimo, faceva contrarre il suppliziato che inarcava la schiena come un delfino e poi ricadeva con la faccia a terra. La progressiva introduzione del palo nel ventre del condannato, avveniva ad opera del carnefice per mezzo di ripetuti colpi, dati con un pesante mazzuolo all'estremità più grossa del palo. Grazie ad un'adeguata abilità dovuta all'esperienza il carnefice era in grado di guidare i due inservienti su come tirare le funi legate alle caviglie, in modo da mantenere il corpo del condannato nella posizione voluta, durante gli inevitabili sussulti e contorcimenti, per far sì di non ledere organi vitali.
Il dolore estremo provocato dalla lacerazione degli intestini e dell'utero, se ad essere impalata era una donna, non permetteva al condannato né di urlare né di lamentarsi: l'aria che aveva nei polmoni gli serviva tutta per sopravvivere. Sopra la scapola destra gli si formava una protuberanza che il carnefice incideva a croce. Ancora qualche colpo leggero e spuntava la cima del palo rivestita di metallo, restava soltanto da spingerlo finché fosse all'altezza della guancia. Per ultimo, gli venivano legati i piedi al palo in modo che non scivolasse in basso, e a volte il corpo del condannato veniva ricoperto di miele o altre sostanze dolci, in modo da attirare ogni tipo di insetto e aumentare ancor di più la sofferenza del malcapitato che oltre al dover patire il dolore causato dal palo conficcato nelle sue carni doveva sopportare le punture e il fastidio causato dagli insetti.
Se il fegato, i polmoni e il cuore erano rimasti integri, il condannato era vivo e cosciente. Servendosi di corde gli assistenti del carnefice issavano il palo, in modo che l'estremità più larga si conficcasse in una buca scavata nel terreno, poi lo rinsaldavano con cunei di legno. La morte liberatrice sarebbe arrivata molti giorni dopo.
