sempre Padova eh
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PADOVA. Da decenni quell’anfora è il simbolo del locale, appunto l’osteria l’Anfora, nel cuore del ghetto, in via Soncin. È l’estate del 2010:
un giorno passa casualmente davanti all’esercizio un carabiniere e fa una segnalazione ai colleghi del Nucleo tutela patrimonio culturale. Iniziano i guai per il titolare dell’osteria, Alberto Grinzato, 59 anni, che finisce indagato con l’accusa di aver omesso la denuncia relativa alla detenzione dell’anfora vinaria di terracotta, qualificata come un bene di provenienza archeologica.
Ieri, finalmente, è arrivata l’assoluzione “per non aver commesso il fatto” pronunciata dal giudice Nicoletta De Nardus
si osserva, «Si inserisce all’interno di una produzione seriale estremamente diffusa a Padova... presente in tutti i contesti come elemento di drenaggio e di bonifica dei suoli umidi.
Stante la serialità e l’assenza di apparato epigrafico, il manufatto è di valore commerciale poco rilevante».
Ma chi è tenuto a fare la denuncia degli atti che trasferiscono la proprietà o la detenzione di un bene archeologico? Lo specifica l’articolo 59 dello stesso codice: chi trasferisce il bene (l’alienante o il cedente a titolo gratuito la detenzione, è la norma); chi ottiene la detenzione del bene in seguito a provvedimento forzoso (cioè del giudice); l’erede o il legatario.
In nessuno dei tre casi rientra Grinzato. La denuncia avrebbe dovuto essere presentata da chi trasferì nelle sue mani la licenza dell’osteria dove si trova l’anfora. Anzi, Grinzato è stato pure nominato custode del reperto archeologico.
ed ha perso sangue e salute
